Essere
incerti della meta, non conoscere il percorso, non sapere la ragione
del viaggio, non vederne la fine. Solo interminabili orizzonti.
Quando ho smesso di avere paura di questo ignoto, quando ho capito
che i limiti non sono debolezze ma possibilità, ne ho anche capito
l'immensa bellezza. Il dubbio è il vento che dobbiamo cavalcare per
andare sempre oltre, ed enigmi nuovi e migliori sono la meta. Vagare
in luoghi interiori è magnifico anche in solitudine. Se, però,
riuscissi a portare qualcuno con me, magari qualcuno che prima d'ora
aveva sempre temuto o ripudiato questo genere di avventure, e a
mostrargli le luci lontane, e a comunicargli la meraviglia con la
giuste parole, potrei creare un nuovo viaggio. E non ci sarebbe
creazione che compirei con più gioia.
Un progetto visivo e letterario. Una scommessa. Una possibilità. Un crocevia dove spero poter essere spunto di idee, domande e dialoghi. Un luogo di anatomia mentale, in cui i nostri pensieri possano costituire le Vertebre di questo organismo.
lunedì 25 novembre 2019
lunedì 18 novembre 2019
Pollice verde
Andandosene,
mio nonno mi lasciò ciò che aveva in eredità. Intendiamoci: non
che fosse molto. Fu benestante per un periodo della sua vita, ma
negli ultimi anni dilapidò gran parte delle sue fortune. Una cosa
che gli era rimasta, però, era il grande albero di Storia secolare
in giardino, passato di generazione in generazione. Un tempo
maestoso, il nodoso colosso di legno aveva superato molte peripezie,
tra inverni ed estati, sopravvivendo sempre. Mentre se ne prendeva
cura mio nonno, però, ci fu una delle stagioni più scure e
terribili che si ricordano, e per la prima volta si pensò davvero la
vecchia Storia potesse non farcela. Sopravvisse, per fortuna, ma lo
spavento che il mio vecchio si prese lo portò a curarla con
un'attenzione morbosa. Le piante, si sa, possono perire sia per
carenza che per eccesso di cure, e quando passò infine nelle mie
mani la troppa concimazione e il costante annaffiamento l'avevano
fatta marcire. Quello che non aveva fatto l'inverno mortale, lo fece
la paura. In molti passando innanzi all'antico albero, mi
consigliarono di abbatterlo. Dicevano che ormai era morto e che
imbruttiva il giardino con il suo profilo grottesco e i ricordi che
rievocava. Sorridevo bonario a questi suggerimenti, ben consapevole
che li avrei ignorati. Perché, mentre potavo rami secchi,
rimescolavo il terriccio e stappavo radici marce, tra le onde nodose
della corteccia martoriata, ho visto spuntare ancora il verde di un
germoglio.
domenica 10 novembre 2019
Giudizio
Mi
alzo questa mattina come ogni altra, e come ogni mattina so che
qualcosa la intorbidirà: non c'è giorno che riesca ad evitare di
incontrarlo. Lui, che mi fissa con riprovazione, con quella ghigna
ambigua di chi giudica segretamente. Ma chi si crede di essere?
Appena incrocio il suo sguardo, fosse anche per sbaglio, mi pianta di
rimando il suo negli occhi. Spavaldo. Arrogante. Sfacciato. E
continua a osservarmi a oltranza, quasi a volermi scrutare
nell'anima, a volermi leggere di dentro cose che non voglio vengano
viste da nessuno. Men che meno da lui. Ogni sacrosanto giorno. Come
mi cavo da questa situazione, mi chiedete? Beh, appena diventa
insostenibile distolgo gli occhi, mi allontano dallo specchio, mi
vesto ed esco di casa.
lunedì 4 novembre 2019
Gigante
Nelle grandi città si è abituati a
vedere gente di ogni sorta e genere. Nel mio quartiere vive però un
mendicante talmente bizzarro da spiccare persino nella metropoli. Si
aggira a recuperare resti di lamiera, legni, mobili e spazzatura con
uno strano metodo, quasi estetico. Non sapevo dove li portasse finché
una sera, sbagliando strada tra i corridoi rugginosi della metro,
incanalato tra un monolite di cemento e un viadotto decrepito, ho
visto la sua creazione. Un palazzo di rottami, una fine architettura
di rimasugli, decorata con panneggi di vecchi nylon appesi a chiodi
ornamentali, con lattine piegate e cerchioni a mo' di guglie su
quella strana residenza. I pochi passanti da quelle parti non vi
riservavano che le solite occhiate di pietà, o al più qualche
commento borbottato sul fatto che ci si dovrebbe sbarazzare di questi
brutti spettacoli. Eppure sotto questa facciata vi leggevo una certa
invidia, di cui in parte ero io stesso vittima. Perché, tolta la
puzza e la sporcizia, che comunque noi stessi produciamo, in quella
sgangherata architettura c'era una dignità che mancava al più alto
dei grattacieli, e la stessa forza creatrice che in passato ha
fondato gli imperi.
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